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Era il 23 novembre 1893 quando il Regio Decreto rilasciato dal Governo Italiano concedeva l'attraversamento a vapore dello Stretto alla Società Sicula, da qui l'esigenza di realizzare dei "Ferry Boat" adibiti al trasporto di carri ferrati per merci e  passeggeri. Il compito di progettare ufficialmente le imbarcazioni fu affidato all'Ingegnere del Genio Navale ANTONIO CALABRETTA , dopo un anno dall'incarico iniziarono i lavori per la realizzazione di due piropontoni a ruote commissionati per l'importo di Lire 430.000 l'uno ai cantieri navali Odero di Sestri Ponente. Nel 1896 fu varato il primo "Ferry Boat" che prendeva il nome dalla mitologia greca:  "Lo Scilla"; successivamente fu la volta del "Cariddi" ed è da questo momento che il nome della "Cariddi" diventerà parte integrante dello Stretto. La Nave aveva una lunghezza di 50,20 metri ed una larghezza di 8,20 metri, al suo interno vi fu collocato un binario in cui vi si potevano collocare fino a cinque carri ferroviari, con dislocamento di 594 tonnellate raggiungeva una velocità di 10,5 nodi grazie ad un  motore a vapore che permetteva la propulsione a pale, tali imbarcazioni riprendevano i progetti di navi già usate nei mari del nord Europa; per agevolare le manovre vi erano due timoni, una a prua ed uno a poppa.
Nei suoi primi anni di vita la "Cariddi" fu usata come la gemella "Scilla" per il trasporto di persone e posta fra le sponde Siciliane e Calabresi in quanto le invasature nei due porti al momento del varo non erano ancora state ultimate. Si dovette aspettare fino all'1 Novembre 1899 per caricare sulla "Cariddi" il primo Carro Ferroviario e solamente dal 1 agosto 1901 fu inaugurato il servizio viaggiatori tramite vagoni, da quel momento in poi il trasporto ferroviario nello Stretto ebbe un'impennata e rivoluzionò le abitudini ed i viaggi della popolazione.
Fra il 1905 ed il 1910 la flotta navale sullo Stretto fu ampliata con unità aventi propulsione ad elica quali il Villa, la Reggio, il Sicilia e il Calabria.
Nel 1908 Messina e Reggio furono colpite da un violento terremoto e maremoto: le due città ebbero ingenti danni e perdite di vite umane, parecchi edifici crollarono ed i pontili serviti per l'imbarco furono seriamente danneggiati; le navi gemelle rimasero fortunatamente indenni e "La Cariddi" come "Lo Scilla" furono requisite dai soccorritori per essere destinate come ricovero ed alloggio per i sopravvissuti. Superata la prima fase di emergenza e ripristinati i servizi a terra la nave riprese nel gennaio 1909 la sua normale rotta collegando le due città dello Stretto, facendo così arrivare viveri ed aiuto provenienti dal continente sulle coste siciliane.

Un altro evento storico caratterizzò la vita delle navi  usate per l'attraversamento dello Stretto: il primo conflitto Mondiale; in quel periodo tutte  le navi compresa la "Cariddi" furono requisite ed usate al trasporto di truppe e materiale bellico. Il 28 Agosto 1917 in uno dei tanti trasporti adiacente alle coste calabre, all'altezza di Catona a causa di uno scoppio (c'è chi dice che toccò una mina e chi afferma che fu silurata) "Lo Scilla" fu affondato, in quell'evento rimasero uccisi anche l'equipaggio ed i militari che vi erano a bordo mentre la "Cariddi" continuava regolarmente il suo lavoro.
A causa dell'affondamento il trasporto ebbe un enorme calo in quanto tutte le imbarcazioni in uso non riuscivano a coprire la forte richiesta di passeggeri.

Bisognerà aspettare il 1920 per una ripresa dei collegamenti ed un incremento delle unità navali: prendendo spunto dall'imbarcazione tipo "Reggio" più evoluta rispetto ai primi piropontoni venne varata nel 1921 a Castellammare di Stabia lo  "Scilla2" . Era rimasta "La Cariddi" la nave più antica che solcava lo stretto con la sua propulsione a pale era la più lenta fra tutte le unità del tempo per questo si decise di disarmarla il 06/01/1923 e alienata fu venduta per la demolizione.
Negli anni a venire furono varate anche il Messina, L'Aspromonte e lo Scilla III.

Dovremo aspettare fino al 29 ottobre 1932 per il varo della "Cariddi II" avvenuto presso i Cantieri Navali Riuniti Adriatici nel Triestino a Riva Trigoso, la nave commissionata dalle Ferrovie dello Stato fu realizzata dal cantiere San Marco e dai Cantieri Federali di Pietra Ligure e diventò fiore all'occhiello delle Ferrovie in quanto era la prima volta alla storia che una nave montava motori diesel-elettrico con propulsione ad elica all'avanguardia per quegli anni. Commissionata la parte meccanica allo Stabilimento Grandi Motori della Società Fiat  su licenza Burmeister & Wain ed alle Ditte C.G.E e Marelli & C. S.A. la parte elettrica (realizzazione di tutta la parte elettrica riguardante la propulsione ed i servizi), la nave  fu realizzata secondo le norme del Registro Navale Italiano ed Aeronautico per il Certificato di Prima Classe marca Stella e costò lire 20.325.000. Con una lunghezza di 109,10 metri ed una larghezza di 17,20 metri aveva un dislocamento di 4.020 tonn. al suo interno vi erano collocate rotaie per una lunghezza di 247 metri divise in tre binari, i suoi motori sviluppavano una potenza massima di 4200 Cv facendole raggiungere una velocità massima di 14 nodi. La nave al suo interno aveva quattro ristoranti che servivano le varie classi della nave,  la 1a e la 2a erano comunicanti mentre la 3a era severamente separata dalle altre due, si consideri che vi erano due aperture laterali separate per gli imbarchi dei passeggeri di 1a e 2a classe e quelli di 3a classe.
Arrivò la Seconda Guerra Mondiale e le navi dello Stretto compresa "La Cariddi" furono requisite e militarizzate venendo dotate di cannoncini da 75 mm; tutta l'area dello Stretto fu dichiarata "zona di operazioni", oltre al passaggio di uomini e mezzi militari attraverso lo Stretto furono utilizzate come posamine nelle aree prospicienti allo Stretto e per le coste tirreniche da Anzio al Canale di Sicilia. Dopo i feroci bombardamenti che la città di Messina subì solo due navi rimasero a galla anche se danneggiate, il "Villa" e la "Cariddi", nel luglio 1943 gli alleati sbarcarono nel sud della Sicilia, così le due navi iniziarono a fare la spola fra Messina e Reggio caricando in fretta le truppe in ritirata, la "Cariddi" effettuava le traversate solo di giorno mentre la notte restava alla fonda nelle acque adiacenti il villaggio di Paradiso.
Il 15 Agosto del 1943 ferma in rada per un problema alla sala macchine causato da un incendio, carica di materiale bellico tedesco visto l'imminente arrivo degli alleati si decise di autoaffondarla per non farla cadere nelle mani degli alleati, furono così aperte tutte le prese a mare; si aspettò tutto un giorno ed una notte ma la nave imbarcata una consistente quantità di acqua non ne volle sapere di andar giù e per questo furono collocate delle cariche esplosive che, questa volta affondarono la nave nella rada: era il 16 Agosto 1943 alle 16,00 la "Cariddi" calò a picco.
Finita la guerra dopo una lenta ripresa sia della vita quotidiana sia del collegamento sullo Stretto le Ferrovie dello Stato visto il bisogno di riorganizzare la propria flotta decisero di organizzare il recupero del relitto  del "Cariddi"; Ispezionata la nave la stessa giaceva rovesciata ed adagiata sul fondo carica, senza presentare rilevanti danni strutturali. La prima fase del recupero consistette nell'eliminare tutto il materiale bellico che la nave ancora aveva al suo interno, svuotata si decise di eliminare tutte le soprastrutture per consentire un'agevole recupero ed alleggerirla notevolmente (adesso la nave pesava circa 2500 tonn.) permettendo così un agevole capovolgimento, questi lavori impiegarono diversi palombari e tecnici dal 1946 al 1948. Terminata anche la seconda fase si saldarono delle lamiere nelle aperture provocate dalle cariche esplosive rendendo la nave così stagna. Iniziarono i primi tentativi di recupero, i lavori furono affidati alla Ditta dell'Ingegnere Weigert di Messina. Nella carena dello scafo furono collocate due campane di equilibrio una a prua l'altra a poppa, nella primavera del 1949 nonostante le varie prove con l'ausilio di pontoni e grù non si riuscì a sollevare lo scafo ma lo si avvicinò più a riva. Si decise allora di collocare nelle murate della nave tre grandi cassoni cilindrici per lato capaci di sollevare ciascuno 140 tonn.  e rafforzare le tenute stagne sommerse, il 28 luglio iniziò così un'altra manovra di sollevamento mandando aria nei cassoni e nei comparti stagni della nave, questa volta l'operazione riuscì e dopo i precedenti tentativi la "Cariddi" anche se ancora capovolta riviste la luce.
Il primo lavoro fu quello di ripulire tutta la carena dalla vegetazione che in quegli anni si era creata nei fondali trattandola con appositi materiali, contestualmente un grande bacino galleggiante era pronto in porto: il CO13 che attese dentro la falce la carcassa della nave. Il 19 settembre 1949 il rimorchiatore trascina dalla rada di Paradiso lo scafo facendolo giungere nel porto, il bacino riempito d'acqua accolse la "Cariddi" ancora a testa in giù che agganciata fu ritirata su assieme alla struttura, sistemata in alcune sue parti e trattata ancora una volta per non farla deteriorare fu rimessa in acqua e trainata dal rimorchiatore che portandola al centro del porto di Messina la preparava alla manovra di capovolgimento che fu effettuata magistralmente il 21 dicembre 1949, la "Cariddi" (anche se solo carcassa) riprese il suo assetto immergendo nuovamente la grande carena nelle acque dello Stretto.
Nell'anno 1950 la struttura della nave fu rimorchiata a La Spezia dove venne tagliata in due tronconi che successivamente furono trasportati a Riva Trigoso, nel 1951 fu aggiunto un terzo troncone di 11 metri alla nave aumentando il numero dei binari da 3 a 4 fu anche aggiunta una piattaforma a prua per consentire il trasporto di auto e furono rimessati i motori Diesel-elettrici, fu anche aggiunto un secondo fumaiolo a poppa dove fu collocata una cucina. La nave adesso era lunga 117,92 metri; larga 17,70 metri con dislocamento di 4.935 tonn.; i binari collocati all'interno avevano una lunghezza di 357,00 metri, da quel momento la nave riusciva a trasportare anche 20 auto e raggiungeva una velocità di esercizio di 13,57 nodi, i lavori di ristrutturazione a quei tempi costarono 1 miliardo e mezzo.
Varata nell'ottobre 1950, la nave fu trasferita prima a Genova per i collaudi e l'installazione degli accessori di bordo arrivando a Messina il 27 novembre 1953, dopo circa un mese esattamente il 30 dicembre 1953 riprese servizio ed espletò brillantemente il suo lavoro! Nel 1960 a Messina furono sostituiti i motori con dei motori 4 tempi, dopo vent'anni di navigazione, nei primi anni '80 furono installati altri motori del modello "GMT c426ss" commissionati e progettati direttamente dall'armatore e più evoluti dei FIAT.
Arrivarono nuove navi nella flotta delle FS e la "Cariddi" con i suoi caratteristici 2 fumaioli  a stento effettuava qualche corsa: veniva usata come nave di scorta quasi sempre ormeggiata nei porti di Messina e Reggio. Il 09 novembre 1991 la nave dopo alcuni problemi, visti gli eccessivi costi di manutenzione fu messa in disarmo e alienata dalle FS che nonostante tutto la consideravano particolarmente importante per l'area dello Stretto.
Si pensò allora di realizzare al suo interno un museo della navigazione FS galleggiante, questa idea non fu portata avanti dai vertici delle Ferrovie che accettarono l'offerta di 250 milioni di lire fatta dalla Provincia Regionale di Messina che a sua volta aveva pensato di trasformarla in "museo itinerante del mare" , la nave ufficialmente divenne proprietà della Provincia l'01.07.1992 con delibera n. 23 del Consiglio Provinciale. Nel 1993 la Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Siciliana dichiarò la nave "Bene di interesse storico ed etnico-antropologico particolarmente rilevante". Ormeggiata al molo Norimberga di Messina per conto della Provincia di Messina veniva gestita da un equipaggio di sette unità dell'agenzia marittima La Cava a cui era stato appaltato il servizio per un importo annuo di un miliardo di lire circa, importo che la Provincia non versò all'agenzia che decise vista l'insolvenza di abbandonare la nave. Senza alcun controllo ormeggiata al Norimberga fu depredata da vandali e danneggiata negli interni, nel giugno del 2000 nei saloni fu appiccato un incendio che distrusse il salone bar, senza alcuna manutenzione la nave era lasciata nel completo abbandono, si decise allora di cambiare posto e collocare la Cariddi vicino agli approdi delle Compagnie private nella rada S. Francesco, tratto di mare più esposto alle intemperie.
Nel frattempo varie Associazioni ed Enti fecero richiesta alla Provincia per aver in comodato la nave proponendo la realizzazione di museo galleggiante, ristorante, sala congressi addirittura si pensò di utilizzarla come scuola nautica galleggiante, ma tutte queste idee non furono appoggiate dagli allora dirigenti provinciali. La nave adesso al sicuro dai vandali era esposta alle sciroccate dello Stretto ed alle intemperie che la deteriorano notevolmente. Stremata dall'indifferenza il 14 marzo 2006 iniziò ad imbarcare acqua dalle prese a mare (si dice), lentamente sotto gli occhi di chi la vide solcare i nostri mari iniziò a curvarsi sul lato sinistro riempendosi d'acqua ed affondando nel pomeriggio. "U Cariddazzu" adesso ritoccava quei fondali; le sue paratie non ce la fecero a resistere all'incuria degli amministratori di quei tempi ed all'indifferenza generale, l'unica parte che resta tutt'oggi a livello d'acqua è la poppa che risalta il nome "Cariddi" ormai quasi inleggibile a testimoniare che ancora è lì e che forse ci resterà in eterno.         
 

Ringrazio per le fonti VINCENZO ANNUARIO, GIOVANNI RUSSO, L'ASSOCIAZIONE AFS MESSINA, L'ASSOCIAZIONE FERROVIE SICILIANE
Ringrazio per le immagini VINCENZO ANNUARIO, GIUSEPPE CALARESE, ECOSFERA DIVING
IL RECUPERO
IL VARO DEL 1953
STORIA DELLA NAVE
IL RELITTO